Una bicicletta che trasporta dei bagagli si
logora più velocemente, e nella primavera del 1992 giunge il
momento di comprarne una nuova. La Bianchi in quel preciso momento non
offre modelli che mi soddisfino completamente, e quindi opto per una
bicicletta di un'altra marca, un'Olympia modello "Condor".
Rispetto alla vecchia Bianchi è almeno all'apparenza più
robusta - ma anche più pesante - e ha un cambio più adeguato
alle esigenze del cicloturismo. Se non ricordo male: 48-38-28 davanti,
14-16-18-21-24-28-32 dietro. Ma non giurerei sull'esattezza di questi
dati, la bicicletta di cui parlo non esiste più. Un'altra novità
di rilievo è l'adozione di un ciclocomputer. E' un bellissimo
Cateye senza fili che mi viene regalato dal mio amico, nonché
ancora oggi diligente allievo di pianoforte, Ivo Bologna.
Il progetto del nuovo ciclogiro è ambientato nell'Italia settentrionale,
con piccoli sconfinamenti in Svizzera, e prevede parecchie salite. Ma
le modifiche in corsa saranno numerose.
TAPPA N° 1 - Asti, km. 172 **
E' la prima giornata veramente estiva dell'anno, molto calda fin dalle
prime ore del mattino. Esco per l'alzaia del Naviglio Grande, e arrivo
all'Abbazia di
Morimondo, la quale, come tutti gli altri edifici che cercherò
di visitare nel corso della giornata, risulta chiusa. Attraverso l'assolatissima
Lomellina, con le sue antiche chiese (Lomello)
e i suoi castelli (Sartirana
Lomellina). Il paesaggio è abbastanza piacevole ma, a causa
della sua piattezza, risulta decisamente uniforme. Per meglio apprezzarne
gli accostamenti cromatici delle varie colture bisognerebbe sorvolarlo,
ma più di tanto il mio sellino non si alza. A Valenza cominciano
le colline del Monferrato, impegnative e, almeno in quella zona, non
altrettanto spettacolari. Passando per San Salvatore, Quargnento e Fubine,
arrivo infine ad Asti (1,
2), attorno alle
19. Ho patito un po' di mal di stomaco sulle prime salite, ma mi è
passato subito. Insomma, è andata bene, considerando il chilometraggio
piuttosto generoso e il caldo opprimente.
TAPPA N° 2 - Chieri, km. 123,6 **½
L'itinerario programmato si rivela irrealizzabile, perché il
percorso è fin dal principio vallonatissimo, e il caldo si fa
col passare delle ore vieppiù difficile da sopportare. Nonostante
il berretto, i guanti e le maniche lunghe, sono quasi ustionato un po'
dappertutto. La prima parte del tragitto, che mi porta a Moncalvo, Camino,
Gabiano, offre dei bei panorami. Ogni tanto qua e là appare
il profilo di qualche castello. Ma nel finale la tappa diventa più
banale. Da queste parti le persone di una certa età sono spesso
prontissime ad attaccarti bottoni colossali. Sembra quasi che non siano
abituate a parlare fra di loro, e quindi non gli resti che sfogarsi
con i forestieri. Arrivo a Chieri molto tardi, e dopo una lunga e difficile
ricerca trovo posto in un albergo senza ristorante. Per poter cenare
devo fare altri 1700 metri, moltiplicati per due, a piedi.
TAPPA N° 3 - Pinerolo, km. 128,3 **
Mamma mia, fa sempre più caldo. Nel pomeriggio scoprirò
una tumefazione da scottatura sulla fronte. Comincio a paventare itinerari
di tipo ospedaliero, come nel 1985. La pianura torinese non offre molto
al turista. Passo per Racconigi, Savigliano, Saluzzo, Staffarda (1,
2, 3),
e mi fermo a Pinerolo. Questo ciclogiro stenta a decollare. (Ozegna)
TAPPA N° 4 - Busano, km. 154,6 *
Tanto pedalare (segnalo anche i 1200 metri di dislivello) per nulla.
Arrivo a Depôt, dove mi aspetta la deviazione per il Colle delle
Finestre. Cartello: strada chiusa al km 6. Fantastico. Salgo ugualmente
per poco più di 3 km., per farmi un'idea parziale di cosa mi
perderò. Il panorama è totalmente insignificante, il caldo,
come sempre, opprimente, e io torno indietro, fino a Pinerolo, puntando
poi verso Avigliana. Ma il paesaggio è così deprimente
che dopo aver percorso l'entusiasmante circonvallazione di Torino cambio
idea e vado a Busana, vicino a Cuorgné. Spero di rifarmi domani
con il Colle del Nivolet. Frattanto la tumefazione della fronte è
diminuita di spessore, ma in compenso sta invadendo tutta la faccia.
Già non sono bello, lo so, ma così tendo ad assomigliare
a Elephant Man.
TAPPA N° 5 - Biella, km. 139,8 *½
A quota 900 metri della salita per il Nivolet, poco prima di Noasca,
la strada è chiusa. Provo a passare lo stesso, ma un finanziere
mi blocca indicandomi un percorso alternativo, da fare però a
piedi. "Comunque è un sentiero comodo, in 20 minuti è
di nuovo sulla strada". Il sentiero è in realtà una
mulattiera fatta di pietre megalitiche, impervia per un pedone, figuriamoci
per uno che si deve trascinare appresso una bici carica di bagagli.
Faccio gruppo con altri ciclisti: dopo pochi metri loro con le loro
leggerissime bici da corsa decidono di rinunciare; si pensi cosa posso
decidere io. Ripasso davanti al posto di blocco: il geniale finanziere
incontrato prima non c'è più. E' un bene, perché
avrei potuto perdere il controllo. Non mi resta che tornare verso Cuorgné.
Mi fermo un momento a mangiare qualcosa, seduto su una panchina all'ombra,
e penso che in quel momento mi manca solo un predicatore che venga a
vendermi degli opuscoli. Ecco infatti farsi avanti un predicatore con
i suoi opuscoli sotto braccio. Gli dico con eroica cortesia che non
sono interessato, ma che se va un po' più in su, verso Noasca,
trova un certo finanziere che glieli compra tutti. Io intanto vado a
Biella, dove dopo lunghe ricerche riesco a impossessarmi di una camera
ove possa, grazie a una bella dormita, dimenticare completamente questa
giornata esemplare.
TAPPA N° 6 - Borgosesia, km. 87,1 **½
Se fossi superstizioso, e per fortuna non lo sono affatto, dopo una
prima parte di viaggio così disastrosa, e dopo che questa mattina,
nei primi metri di percorso, vedo attraversare la strada davanti a me
non uno, ma due gatti neri, tornerei subito in albergo. Invece proseguo
la marcia, e posso così apprezzare l'affascinante e insolito
Ricetto di Candelo (1,
2, 3,
4, 5).
Da Candelo, passando per Andorno, raggiungo Rosazza (1,
2, 3,
4), che ha un'architettura
per certi aspetti affine alle costruzioni fatte col Lego. Molto gradevole
la strada detta "Panoramica Zegna", che sale fino a 1500 metri
e più senza mai imporre pendenze eccessive. Purtroppo il panorama
è stato completamente cancellato da una foschia densissima. Da
ricordare, nella discesa, un tratto di oltre tre chilometri, verso Trivero,
ornato quasi ininterrottamente da siepi fiorite.
TAPPA N° 7 - Maccagno, km. 151,5 ***
Dacci oggi la nostra strada chiusa quotidiana. Chiedo all'albergatore
notizie del Cremosino, mostrandogli la mia cartina del Touring: "Si
prende da qui questa strada?" "Sì, sì, vedrà
che bella!" Vedrò cosa, è chiusa! Ma non dal principio,
più avanti, e come sempre senza preavviso. Mi tocca fare una
lunga deviazione per Borgomanero. Alla periferia di Gozzano
si può ammirare una bella chiesetta nel bosco. Quindi è
il Lago d'Orta (1,
2, 3)
ad offrirmi alcuni scorci pittoreschi. Dalla sponda orientale del Lago
d'Orta, passo quindi a quella occidentale del Verbano (Cannero [1,
2], Ascona).
Desta in me un vago brivido di eccitazione il mio primo sconfinamento
in sella ad una bici. Mi aspettavo la banda, o qualcosa di simile, ma
si sa, gli svizzeri son gente molto misurata. Quando mi fermo per la
notte, comunque, mi ritrovo nuovamente in Italia. Nel pomeriggio il
cielo si è coperto, e pensavo proprio che dovesse piovere. Mi
sbagliavo. Beh, pazienza.
TAPPA N° 8 - Chiavenna, km. 113,7 **
Da Luino, per Ponte Tresa, arrivo a Lugano, che mi sembra un po' una
città di plastica. La luce è bianchiccia, c'è foschia.
Costeggiando il Lago di Lugano fino a Porlezza, passo poi in breve sulla
sponda occidentale del Lario, in corrispondenza di Menaggio,
e da lì salgo fino a Chiavenna. Le strade che costeggiano i grandi
laghi lombardi hanno il grave difetto, dal punto di vista del ciclista,
delle troppe gallerie, qualche volta non illuminate, o illuminate male.
E in galleria il ciclista è moooolto teso, anche quando ha le
sue belle, e sostanzialmente inutili, lucette accese. Inutili perché
non permettono in ogni caso di distinguere in modo accettabile il fondo
stradale, e una buca inattesa può rivelarsi molto pericolosa.
Chiavenna mi
piace.
TAPPA N° 9 - Tirano, km. 108,6 ****
L'itinerario di oggi è magnifico dall'inizio alla fine. Se non
sarà stata nel complesso una giornata ideale, lo dovrò
alle nuvole basse lungo la salita del Maloja, alla foschia sulla piana
di Sankt Moritz, e all'impetuoso vento contrario sul Bernina. Il Maloja
(1815 m slm) è interminabile (32 km), ma le pendenze vere - e
quanto vere! - si incontrano solo negli ultimi 3 chilometri. Il Passo
del Bernina (2323 m slm) (1,
2, 3,
4, 5,
6) è invece
molto più accessibile, ma essendo una strada molto diritta, è
inevitabilmente soggetto ai venti. Bella anche la discesa verso Tirano.
Di grande fascino il trenino delle Alpi Retiche, che corre parallelamente
alla strada del Bernina. A Tirano la qualità della cucina è
memorabile, e avendo superato oltre 2000 metri di dislivello, la apprezzo
moltissimo, senza trascurare l'aspetto quantitativo.
TAPPA N° 10 - Boario, km. 87,8 **½
Il Mortirolo (1, 2), questo sconosciuto. Ora però che lo conosco,
posso ben dire che è la salita più dura che abbia mai
fatto. I km effettivi di ascesa sono 11,8, con un dislivello di 1330
metri. La pendenza media è pertanto dell'11,3%. La strada è
stretta ma ben asfaltata, e per il 70%, al mattino, è all'ombra.
L'ho fatto per la curiosità ciclistica, non per quella del turista.
Perché in effetti, pur non essendo un brutto posto, non è
poi 'sta gran meraviglia. Da Edolo a Breno ho poi dovuto subire un vento
contrario a raffiche rabbiose. Non ho trovato una camera a Breno, e
quindi sono arrivato fino a Boario. (Mazzo)
TAPPA N° 11 - Riva del Garda, km. 104,2
***
Sono tornato sugli ultimi passi compiuti ieri per attaccare il Crocedomìni
(e non Crocedòmini come dicono quasi tutti, secondo una bizzarra
miscela di italiano - croce - e latino - domini - ; domìni è
qui plurale di dominio). E' una salita piuttosto lunga (20 km da Breno)
e con una pendenza media significativa (7,5%). Io sono in buona giornata,
e forse distratto dalla bellezza del paesaggio, arrivo in cima quasi
senza accorgermene (1,
2, 3,
4, 5,
6). Percorro
la discesa costantemente sul margine avanzato di un temporale che però
fallisce miseramente l'inseguimento. Attraverso la placida Val di Ledro
arrivo infine a Riva
del Garda.
TAPPA N° 12 - Cavalese, km. 115,4 **½
Una tappa che pensavo fosse facile, e che invece si è rivelata
abbastanza impegnativa, perché c'è non poca salita (circa
1500 m di dislivello) e per contro pochissima discesa, e perché
nel pomeriggio fa molto molto caldo. Il percorso è sempre gradevole.
Visito volentieri il centro di Rovereto,
sopportando poi pazientemente l'intenso traffico che affligge la statale
per Trento (1,
2). Passo per
Segonzano perché vorrei ammirare le famose piramidi, ma per farlo
bisognerebbe abbandonare la bicicletta e percorrere un sentiero e piedi,
sicché, a malincuore, rinuncio. Supero un momento di stanchezza
cosmica (ogni tanto può capitare) a metà pomeriggio, e
giungo a Cavalese proprio nell'ora in cui nelle cucine comincia l'agitazione.
Suscito quest'immagine perché debbo segnalare l'altissima qualità
della cena, consumata presso l'Hotel Orso Grigio.
TAPPA N° 13 - Campitello di Fassa, km.
97,7 ****
Oggi devo superare un dislivello di 2350 metri. Non è il mio
record, ma gli vado vicino. Ricorderò di sfuggita che andare
in salita con un bagaglio al seguito è molto diverso dal salire
con la bici scarica. Con un bagaglio di 10-12 chilogrammi, che è
quello che mi porto appresso in questi miei primi viaggi, la perdita
di prestazioni si aggira sul 30-40%. Aumentando il peso, aumenta ovviamente
la difficoltà. Penso, anche se non sono ancora riuscito a dimostrarlo,
che fra i 12 e i 23 chili di bagagli (23 chili è il peso dei
bagagli che mi porterò nel 1999), ci sia a un certo punto, non
so bene dove, una soglia oltre la quale la proporzione fra l'aumento
del peso da portare e la diminuzione della velocità di crociera
diventa geometrica. Le salite di giornata sono il Passo San Pellegrino
e il Passo Fedaia (1,
2, 3,
4, 5,
6, 7),
con la sua famigerata rampa perfettamente rettilinea che parte da Malga
Ciapela. Così perfettamente rettilinea che visivamente non ci
si rende conto della pendenza, sicché io stoltamente esamino
più volte la mia bicicletta per capire cosa la sta frenando.
Il breve altipiano in cima al Fedaia, con la Marmolada lì a un
passo, è una passerella indimenticabile.
TAPPA N° 14 - Corvara, km. 36,8 *****
Una tappa brevissima ma di struggente bellezza. Durante la notte ci
sono stati dei temporali, e questa mattina il cielo è pezzato
di nubi ma al tempo stesso limpidissimo. Insomma, uno splendore. Le
salite affontate oggi sono il Sella (1,
2, 3,
4, 5,
6, 7,
8) da Canazei
e il Gardena (1,
2, 3,
4). Che
colori! Mi sistemo a Corvara
nel primissimo pomeriggio, e lascio che fuori piova fino a sera.
TAPPA N° 15 - Auronzo, km. 80,7 ***½
Durante la notte altri temporali, e dunque mi si schiude dinnanzi un'altra
bella giornata, fresca e luminosa. Lungo tutto l'itinerario i panorami
sono quasi ininterrottamente ammirevoli. Risalgo l'Alta Badia fino al
Valparola,
da cui si scende al Passo Falzarego (1,
2) e poi a
Cortina d'Ampezzo. Supero il Passo Tre Croci (1,
2),
e dopo una breve deviazione al Lago di Misurina
(bellissimo, ma quanta gente!), approdo ad Auronzo.
TAPPA N° 16 - Cividale del Friuli, km.
135,1 **½
Con la sensazione che la parte migliore del viaggio sia ormai alle spalle,
mi rimetto in marcia in direzione di Sappada. Non trovo la vecchia strada,
e mi devo quindi sorbire la lunga e inquietante Galleria del Comelico,
che è satura di gas puzzolenti, nonostante vi siano in azione
grandissimi ventilatori, indicibilmente rumorosi. A Sappada,
fra i daini e
l'Orrido di Acquatona
(che richiama singolarmente alla mente la figura di un nudo di donna
che si pettina davanti a uno specchio), i motivi d'interesse non mancano.
Proseguo per Tolmezzo. A Gemona (1,
2) la mia ammirazione
cade sull'accuratezza dei restauri operati dopo il terremoto del 1976.
A Cividale (1,
2, 3,
4) meritano
grande attenzione le testimonianze della dominazione longobarda.
TAPPA N° 17 - Udine, km. 133,7 **
Tappa lunga e un po' deludente. Sono passato per Gorizia, Grado, Aquileia
(1, 2)
e Palmanova. La singolarità di quest'ultima cittadina si potrebbe
apprezzare solo a bordo di un aereo. Fra Grado e Aquileia soffia un
vento laterale pestifero. Bello il centro di Udine.
La sera, sarà stato il vento, patisco una sete che non riesco
proprio a saziare. E' una delle rare situazioni in cui rimpiango di
non essere a casa mia, dove posso in qualsiasi momento andare in cucina,
aprire il frigorifero e prendere quello che voglio.
TAPPA N° 18 - Treviso, km. 135 **
Altra giornata un po' noiosa. Alla partenza il cielo è ingombro
di nuvoloni neri, folate di vento furioso sfrecciano in ogni direzione.
Ma ben presto tutto si calma. La Villa Manin a Passariano è l'unico
elemento veramente interessante dell'itinerario. Passando per Casarsa,
Pordenone e Sacile, arrivo a Treviso a metà pomeriggio.
TAPPA N° 19 - Calalzo di Cadore, km. 113,9
**
Si va a nord, visitando, in una mattinata di sole, le belle Conegliano
e Vittorio Veneto (1,
2,
3).
Seguendo la statale, mi trascino poi stancamente fino a Calalzo di Cadore.
L'unica, modesta, difficoltà della giornata è rappresentata
dalla Sella di Fadalto, poco prima del Lago di Santa Croce.
TAPPA N° 20 - San Vito di Braies, km. 82,3
****
Nonostante tutte le mie attenzioni, mi ritrovo, per la seconda volta
in pochi giorni, all'ingresso della terribile Galleria del Comelico.
Non mi resta altra scelta che affrontare un altro bagno di gas. Mi rimetto
in sesto i polmoni sulla bella salita del Passo di Monte Croce di Comelico
(1, 2).
Splendida anche la Val
Pusteria, lungo la quale proseguirò domani, perché
oggi ho deviato verso la Valle di Braies, che è incantevole così
come il suo lago (1,
2,
3).
Dalla finestra della mia camera (1,
2,
3)
si gode una serena vista sui tipici prati dell'Alto Adige.
TAPPA N° 21 - Bolzano, km. 110,5 ***
In nottata c'è stato un grosso temporale, e dal momento della
partenza
fin verso le 11 fa un freddo cane. Le attrazioni del giorno sono Brunico,
Novacella (1,
2, 3),
Bressanone, e naturalmente la località di tappa, Bolzano (1,
2, 3,
4, 5,
6). A Bolzano
rimango ostaggio nella mia camera di un violento e duraturo temporale.
Solo verso le nove riesco a uscire per cercare un ristorante. (Barbiano)
TAPPA N° 22 - Madonna di Campiglio, km.
112,2 ***
Scendo per la statale 12 (Salorno 1
e 2), transitando
per Ora ed Egna,
e svolto per Mezzolombardo. Percorro la bella e luminosa Val di Non
(1, 2,
3). Quindi
per la Val di Sole e il Passo Campo Carlo Magno arrivo, senza l'intenzione
di ripartire l'indomani, a Campiglio. Ho percorso in tutto 2524 chilometri
e mezzo, superando 23000 metri di dislivello. E' stato un ciclogiro
dalla qualità molto discontinua, con alti vertici e profonde
depressioni. Del resto non c'è guida che possa anticipare veramente
quale potrà essere il viaggio ideale, soprattutto nell'ottica
del cicloturista, le cui esigenze ed aspettative sono affatto particolari.