Nel 1993 decido di concedermi un periodo di
viaggio più lungo, approssimativamente un mese. Ciò comporta
l'esigenza di un bagaglio un po' più pesante, ma pur sempre nei
limiti di capienza delle mie borse, che sono sempre le stesse dal 1985.
Cosa metto nelle mie borse? L'abbigliamento per la bici, che nel mio
caso consiste in un certo numero di maglie di ricambio (ricordo che
si tratta non di classiche maglie da ciclista, ma di polo bianche con
le maniche lunghe), tot paia di calze, tot paia di slip, guanti di cotone
per difendere le mani dal sole, guanti impermeabili (che dimenticherò
a casa una sola volta, nel 1995, giusto l'unico caso in cui mi servivano
davvero), copriscarpe impermeabili (che io indosso come copricalze,
per la precisione, perché ho dei piedini non propriamente minuti;
l'abbigliamento per la sera, con uno o due paia di pantaloni lunghi,
un paio di polo a maniche corte, un golfino, una tuta (questi due ultimi
elementi sostituiti dal 2003 da un'unica maglia in pile), una borsetta
con il necessario per l'igiene personale e la farmacia, il corredo fotografico,
che col passare degli anni diventa sempre più voluminoso, le
guide e le cartine, gli attrezzi per la manutenzione e la riparazione
della bici, una copertura e alcune camere d'aria di scorta, un k-way
e una mantellina tipo "poncho"; negli ultimi anni, la razione
alimentare d'emergenza, costituita da un sacchetto di albicocche secche
(ricche di carboidrati). Tutta questa roba va distribuita in vari sacchetti
di plastica, perché quando piove forte non c'è borsa impermeabile
che tenga. O meglio, ce ne saranno anche, ma chissà quanto costano,
e quanto pesano.
TAPPA N° 1 - Milano-Milano, km. 190,5 *
Milano-Milano non significa che sono rimasto a casa, ma semplicemente
che invece di fermarmi a Como, per poi lanciarmi verso la Svizzera com'era
nelle previsioni, ho preferito tornare a Milano e aspettare che il tempo
si aggiustasse, perché assistere a un diluvio di due ore sotto
un umidissimo porticato proprio il primo giorno di viaggio quando sai
che casa tua dista soltanto una cinquantina di chilometri, mentre in
Svizzera, dove sei diretto, sta nevicando, come mi dice uno che ci è
appena stato, ti costringe moralmente a fare marcia indietro. E comunque
nel momento in cui mi sono fermato, alle tre del pomeriggio, di strada
ne avevo già fatta parecchia. Ricorderò solo la visita
alla bellissima chiesetta di San
Michele ad Oleggio, e la strada nel bosco che unisce Busto Arsizio
a Rescalda. (Somma
Lombardo)
La giornata successiva, tipicamente autunnale,
la trascorro a tavolino, impegnato nella rielaborazione della prima
parte dell'itinerario. Ho deciso che ripartirò soltanto quando
il tempo sarà migliorato, e fortunatamente già il mattino
seguente saluterà il mio risveglio con un bel sole. La sosta
ai box è durata dunque un giorno soltanto.
TAPPA N° 2 - Cremona, km. 105 ***
Partenza valida! Caldo, cielo terso. Imbocco la Paullese, e la lascio
per andare a visitare Pandino, che ha una magnifica rocca (1,
2, 3).
Proseguo per la medesima strada secondaria costeggiando le curiose case
a ringhiera a Cascine Gandini. Sorprendente il Duomo
di Crema. Poi mi dirigo verso sud percorrendo una graziosa stradina
nel Parco dell'Adda, attraverso Pizzighettone e giungo a Cremona
verso le 15,30. Purtroppo la facciata del Duomo è ricoperta quasi
completamente da impalcature. Nella piazza, sono parcheggiate numerose
vetture d'epoca
che partecipano ad un raduno.
TAPPA N° 3 - Bardi, km. 106,9 **½
La parte migliore della tappa risulta, inaspettatamente, quella iniziale:
assai suggestivi il castello di Monticelli
d'Ongina, l'Abbazia cistercense di Chiaravalle della Colomba (1,
2)
e il piccolo borgo fortificato di Vigoleno,
in cima a una dura salita affrontata verso l'una, con un caldo micidiale.
Altrettanto rovente, ma assai meno interessante la salita del Passo
del Pellizzone, anzi irritante nella suo andamento tipo Cisa, con continui
ripensamenti - aspetta che salgo, no, scendo un pochino, no, troppo,
fammi risalire, e se spianassi?...
Poco prima di Vernasca vengo colto da una grossa crisi di fame. Mi riprendo
poco dopo grazie a una merenda abbondante, abbinata a una mezz'oretta
di sosta. Benché prevedessi di arrivare più in là,
preferisco arrestarmi a Bardi, perché sono già le sei
e mezza. Da ricordare, nella parte pianeggiante, le tonnellate di moscerini
che si davano appuntamento sulla mia maglietta bianca. Mi sentivo un
po' amico degli animali, e un po' treno da prendere al volo: in sintesi,
un po' consciaa de sbatt via ("conciato da buttare via",
per i non milanesi).
TAPPA N° 4 - Foce, km. 108,9 **½
Imprevisto iniziale: la strada da Bardi scende ancora fino a 400 m slm,
per poi risalire non fino a 830 metri come pensavo, ma ad oltre 950.
E stamattina non ho neanche fatto colazione. Pago più avanti,
sul Passo
Cento Croci, quando vado un po' in difficoltà a 3 km dalla
vetta (1055 m slm). Il passo è abbastanza bello sul versante
ligure, con i suoi verdi pascoli. Risulta poi assai gradevole, soprattutto
ciclisticamente, la valle di Vara, che si imbocca poco dopo Varese Ligure,
caratterizzato dal curioso Borgo
Rotondo. Mi fermo a pochi chilometri dalla Spezia, in un albergo
segnalatomi da Federico Lenzi dove si mangia e si riposa come si deve.
TAPPA N° 5 - Forte dei Marmi, km. 115 **½
La tappa è stata molto diversa da come l'avevo progettata, soprattutto
a causa del maltempo. Ho miracolosamente schivato tutti i temporali
che si preparavano sopra la mia testa, ma ho necessariamente dovuto
rinunciare alle Alpi Apuane. Quindi da Sarzana sono andato direttamente
a Carrara. Giunto poi a Massa, mi son dovuto spostare a Marina di Massa
per cercare un albergo: ho avuto così l'occasione di scoprire
che la Pensione Cristallo, dove andavo da bambino negli anni '60, non
esiste più. Allora ho portato un po' avanti le lancette dell'orologio
dei miei ricordi balneari, e mi sono spostato a Forte dei Marmi, dove
invece andavo negli anni '70. La Pensione Edelweiss c'è ancora,
ed è gestita dalla stessa famiglia di allora, sicché si
mangia ancora splendidamente come una volta, e come allora i soli rumori
udibili sono quelli dello stormire delle foglie. Incontro Michelangelo,
il maggiore dei figli, e Giotto, suo fratello (il padre, che è
l'abilissimo cuoco cui ho or ora fatto implicito riferimento, ha la
passione della pittura). Con Michelangelo ricordiamo quel giorno di
molti anni fa in cui, lui in motorino e io in bicicletta, arrivammo
fino alla Spezia in una delle mie prime escursioni ciclistiche di una
certa importanza. Un altro incontro piacevole è quello con la
libraia, una delle prime persone che mi hanno insegnato ad amare i libri:
ci passavo intere serate, nella sua libreria. La signora non mi riconosce,
ma è felicissima della visita. Tornando agli aspetti turistici
della giornata, non posso non ricordare la meravigliosa Portovenere
(1, 2,
3, 4),
la strada di Montemarcello, e il Duomo
di Carrara. Un'ultima annotazione, molto triste: a Marina di Massa
ho incrociato il corteo funebre del giovane militare ucciso in Somalia,
che sfilava fra due ali di gente silenziosa e commossa, come se fosse
il figlio, il fratello, l'amico di tutti.
TAPPA N° 6 - Lucca, km. 102,6 ***
La giornata si preannuncia calda e asciutta, sicché recupero
senz'altro il giro sulle Apuane (1,
2, 3)
previsto per la giornata di ieri. Tutto bene, tranne, all'inizio della
discesa, la lunga galleria del Cipollaio, che si imbocca in località
Culaccio (ma che burloni da queste parti). Appena entrato nel tunnel,
mi rendo conto che non c'è alcuna illuminazione, e precipito
nel buio più assoluto, ma non faccio nemmeno in tempo a spaventarmene,
che il simpatico ronzio di un Ape, intesa come furgoncino, mi sfreccia
prontamente accanto, mentre un'ape gemella mi si accoda, e insieme mi
scortano fino all'uscita. Che iniziativa simpatica, no? Arrivo verso
le 5 a Lucca (1,
2, 3,
4), cui dedico
una lunga passeggiata.
TAPPA N° 7 - Prato, km. 91,5 ***
Dopo una breve visita ai graziosi paesini di Uzzano e Buggiano, che
all'uso toscano sono costruiti in cima a salite di tipo alpinistico,
mi reco a Pistoia (1,
2, 3,
4, 5,
6, 7,
8), la cui Piazza
del Duomo è a mio avviso una delle più belle d'Italia.
Ci stanno girando un film in costume. A Prato (1,
2, 3,
4), dove ha termine
l'itinerario di oggi, c'è un bellissimo Duomo. Sulla medesima
piazza si affaccia l'albergo nel quale scelgo di alloggiare. Ricevo
la graditissima visita del già citato Federico Lenzi e di sua
moglie Susy; ceniamo assieme scambiandoci nella più assoluta
spensieratezza deliziose stupidaggini.
TAPPA N° 8 - Fucecchio, km. 107 ***½
Il tempo è ancora molto bello, anche se la tv preannuncia un
peggioramento per domani. Firenze (1,
2, 3,
4) è sempre
un po' troppo affollata per le mie abitudini di cicloturista, ma che
vogliamo farci, è così bella. Il secondo grande spettacolo
della giornata è offerto da Artimino
e dalla sua villa medicea (1,
2). La zona
è nel suo complesso incantevole, anche se impone fatiche non
indifferenti a chi pedala. Arrivo a Fucecchio lottando aspramente con
un gran vento contrario.
TAPPA N° 9 - Pisa, km. 79,1 **½
La tv aveva ragione, oggi il tempo è brutto. Fortunatamente,
però, ha cominciato a piovere seriamente solo dopo il mio arrivo
a Pisa. Dopo una capatina a San
Miniato, prendo la strada che passa per "le Vedute" (non
so se ci sia un nesso fra il nome e il folto numero di signore non vestitissime
che segnalano vivacemente la loro presenza ai bordi della carreggiata),
e poi svolto verso Vicopisano. A Calci,
posso ammirare solo la facciata della Certosa di Pisa, e per breve tempo,
perché il guardiano mi tratta malissimo e mi caccia via. Me ne
vado a Pisa (1,
2, 3),
dove mi accolgono assai più gentilmente.
TAPPA N° 10 - Poggibonsi, km. 147,7 ***
Per tutta la notte il vento soffia con impressionante violenza, e continua
a imperversare nelle prime ore di viaggio, mentre esco da Pisa e vado
a visitare San Piero in Grado, una chiesa che non ha facciata, ma in
compenso esibisce due absidi. Bellissimi paesaggi: tanto giallo, cielo
terso. Arrivo a Certaldo per strade tranquille, non di rado sterrate,
e poi salgo a San Gimignano, che è sempre molto affollata. Bisognerebbe
girarla all'alba per godersela davvero.
TAPPA N° 11 - Arezzo, km. 137,2 *****
La strada di Torre a Castello (1,
2,
3, 4,
5), che
io ho scoperto, lo ammetto, attraverso la pubblicità televisiva
di un'automobile, è un miracolo. Mi dice l'amico Ivo Bologna,
che ha pensato bene di seguire il mio consiglio e di andarla a vedere,
che in primavera è un altro miracolo, diverso da quello estivo.
Sua moglie afferma che è il posto più bello che ha visto
in vita sua. Io garantisco come minimo il podio. Sulla sinistra, andando
verso Asciano, c'è una fattoria. Ne escono due contadini, uno
dei quali dice all'altro, indicando me: "Questo si dev'essere perso,
cosa ci fa qui?". Insomma, non si rendono conto. Prima, avevo percorso
la Cassia passando per Staggia
e Monteriggioni.
Il paesaggio resta irresistibilmente affascinante praticamente fino
ad Arezzo (1,
2, 3,
4, 5,
6).
TAPPA N° 12 - Cortona, km. 94 ***½
Dopo aver dormito un'ora in più, perché avevo bisogno
di recuperare un po', e aver fatto un giretto per Arezzo,
ho lasciato la città ch'erano già le 10. Bella Anghiari,
e a Citerna stupenda la strada coperta (1,
2,
3, 4). Troppo
trafficata la statale Sansepolcro-Arezzo, mentre poi la provinciale
di Palazzo del Pero, leggermente in salita e all'ombra nella prima metà,
e decisamente in discesa e al sole nella seconda, si rivelava assai
piacevole. Negli ultimi chilometri di questa strada, bellissimo panorama
sulla Val
di Chiana. A Cortona sono arrivato troppo tardi, e quindi ne rimando
la visita all'indomani. Da alcuni giorni la temperatura è straordinariamente
bassa.
TAPPA N° 13 - Acquapendente, km. 127 ****
Cortona
è molto bella nel complesso. Intendo dire che è una città
di atmosfera, pur non avendo da mostrare nulla di eccezionale nelle
sue singole parti. Fra le cose più significative della giornata,
ricorderei la strada giustamente famosa che, poco dopo Chianciano, sale
dalla località Foce (1,
2, 3,
4). Molto bella
vista da lontano, ma decisamente scomoda da percorrere, con sassi giganteschi
sulla carreggiata. L'ho fatta tutta a piedi perché temevo di
distruggere la bici. A un certo punto termina lo sterrato, ma non gli
straordinari paesaggi (1,
2, 3)
colpiti da una luce a tratti quasi temporalesca. Avevo intenzione di
far tappa a Radicofani, ma non vi ho trovato traccia di alberghi, e
nonostante l'ora tarda ho prolungato la mia corsa fino ad Acquapendente,
dove sono arrivato all'imbrunire.
TAPPA N° 14 - Orvieto, km. 68,7 ****
Breve tappa illuminata da due potenti fari: Civita di Bagnoregio (1,
2,
3,
4,
5, 6,
7,
8)
e Orvieto (1,
2, 3). Ma
tutto il percorso è molto piacevole: si snoda attraverso belle
campagne ad una quota compresa fra i 400 e i 600 metri. Due piccole
storie di animali: stamattina alla partenza un cagnone bianco (un pastore
maremmano, penso) che si è accasato presso l'albergo di sua spontanea
volontà, ed è così buono e simpatico che nessuno
ha avuto il coraggio di mandarlo via, dapprima mi ha fatto un sacco
di feste, e poi si è sdraiato davanti alla mia bicicletta per
non lasciarmi partire, rivolgendo il muso da un'altra parte, ma sollevando
frequentemente un sopracciglio per controllare cosa stavo facendo (mi
stavo naturalmente occupando del montaggio dei bagagli). Allora gli
ho detto ad alta voce che mi ero accorto che sbirciava. Si vede che
ha capito, perché ha smesso di sbirciare, ma appena mi sono mosso
ha girato il bel testone per seguirmi con lo sguardo, salutandomi infine
con un affettuoso latrato di benedizione. A Civita di Bagnoregio, mi
sono accosciato per fotografare una bella scala esterna, con un pianerottolo,
una sedia, e sulla sedia un bel gatto. Esamino l'inquadratura nel mirino
e ad un tratto sento qualcosa di morbido sulle gambe. La borsa della
macchina fotografica, penso, ma poi mi accorgo che il gatto è
sparito dall'inquadratura. Per forza, è sdraiato sulle mie gambe,
e sta già facendo le fusa! (Torre
Alfina)
TAPPA N° 15 - Todi, km. 90,5 **
La giornata inizia bene, con un percorso collinare assai gradevole che
mi porta ad Alviano,
Lugnano in Teverina
e Amelia. Ma poi,
a Montecastrilli, mi coglie la brillantissima idea di prendere una scorciatoia,
visto che fa molto caldo. E così vado a pescare una strada dai
saliscendi alla Mordillo, cioè una caricatura di strada collinare.
Pendenze impossibili, caldo micidiale. Mi supera un camion frigorifero
che trasporta gelati, e ne ha uno beffardamente raffigurato sui portelli
posteriori. Mi vien quasi voglia di svenire sul posto, se solo servisse
a qualche cosa. Ai piedi di Todi finalmente trovo un bar aperto, dopo
oltre 40 km di sofferenza. E infine mi attende una salita di due chilometri,
tutta diritta, con una pendenza costante del 20%. Il primo chilometro
lo percorro in sella, il secondo a piedi. E meno male che Todi
è una bella città, perché non avrei sopportato
l'idea di aver fatto quella scarpinata per poi accomodarmi in uno schifo
di posto.
TAPPA N° 16 - Terni, km. 114 **½
Passando
per Colvalenza arrivo nella splendida Bevagna (1,
2, 3, 4,
5, 6). Ci
ero già stato anni fa, ma allora era soffocata da un mercato.
Oggi invece posso ammirare la Piazza Silvestri in tutta la sua silenziosa
bellezza. Sulla Flaminia patisco il caldo forse più intenso di
tutta la mia storia di cicloturista. Per questa ragione evito le salite
a Trevi e a Sassovivo,
che potrebbero risultarmi fatali. A Spoleto chiacchiero per oltre mezz'ora
con un appassionato di bici, prima di avviarmi con passo tranquillo
verso Terni.
TAPPA N° 17 - Rieti, km. 92,3 **
La salita che conduce alla Sella
di Leonessa, 1901 m slm, nella zona del Terminillo, misura ben 60
km. Ovviamente le pendenze risultano piuttosto gentili, essendo tanto
diluite. Nei primi 25 km mi accompagna un cicloamatore, con cui si ha
il tempo di dialogare sui massimi sistemi, ma anche di pórci
domande del tipo: "Come fa un gigante come Indurain ad andare così
forte in salita?" Il mio compagno di viaggio, di corporatura simile
a quella del campione navarro, non sa darsi una spiegazione. Mi spiega
anche che il paese di Labro,
che vediamo scenograficamente schierato alla nostra sinistra, è
stato colonizzato dagli olandesi, i quali ne hanno acquistato praticamente
tutte le case. Il Terminillo
è paesaggisticamente poca cosa, e in discesa, oltre a una impenetrabile
foschia, si avverte l'inquietante presenza di un vento che sembra prodotto
da un colossale asciugacapelli piantato al centro di Rieti. Ad attendermi
a Rieti non c'è, ovviamente, alcun asciugacapelli gigante, ma
solo la segnalazione del centro geografico d'Italia.
TAPPA N° 18 - Ascoli Piceno, km. 107,1
**
Un'altra giornata dominata dal caldo: vento bollente, afa, e naturalmente
una sete inappagabile. La Salaria mi offre pochissime attrattive (Quintodecimo),
pertanto procedo assai speditamente verso Ascoli (1,
2) ad
una media insolitamente alta. Sono abituato a impostare il ciclocomputer
in modo che mi restituisca la media complessiva, cioè comprese
le soste. E' quello il dato che mi serve a capire se sono in orario
rispetto alla tabella di marcia. La bicicletta fa uno strano rumore
nel movimento centrale che mi piace poco. Arrivo a destinazione alle
tre del pomeriggio. Attendo che la temperatura cali sotto i 40°,
e poi faccio un giro per la città.
TAPPA N° 19 - Fermo, km. 94,7 ***
Sempre caldo, ma stanno per arrivare delle perturbazioni. Della tappa
di oggi ho apprezzato in modo particolare la parte iniziale (Offida
e Acquaviva Picena) e quella finale [Moresco (1,
2, 3), Monterubbiano,
fino a Fermo].
All'ingresso del borgo antico di Moresco mi accoglie un cagnolino. Ben
presto comprendo il ruolo che si è attribuito: è la guida
del posto. Procede davanti a me, staccato di qualche metro, fermandosi
quando mi fermo io, e mi accompagna con discrezione fino all'uscita
dal lato opposto. Quando è sicuro che la visita è terminata,
finalmente mi guarda e mi saluta, facendomi capire che deve tornare
alla porta d'ingresso ad attendere nuovi viandanti.
TAPPA N° 20 - Cingoli, km. 107,7 ****
Parto molto presto (7,30), e dedico la prima ora alla visita di Fermo.
Il cielo è coperto, e rimarrà così fino a mezzogiorno.
Poi, dopo un po' di sole, verrà un bel temporale rinfrescante
al quale assisterò al riparo di un porticato. Percorrendo bellissime
strade collinari (1,
2,
3,
4,
5,
6,
7,
8),
ho visitato Montegranaro, San
Claudio al Chienti, il Castello della Rancia (1,
2), Tolentino,
San Severino
Marche, e infine Cingoli.
TAPPA N° 21 - Osimo, km. 63,5 **½
E' arrivata la pioggia. Dopo una partenza sotto un cielo nero, verso
le 9 ha cominciato a piovere e non ha più smesso fino a mezzogiorno.
Poi qualche scroscio isolato. Quando passo da Jesi porto acqua: nel
1987 un vero diluvio, e anche oggi tanta pioggia. Ho dovuto ridurre
un po' il percorso, ed è un peccato perché son posti veramente
belli (1,
2,
3).
Giunto a Osimo alle tre e mezza, ho deciso di fermarmi. Osimo è
una bella città, anche se per certi aspetti appare un po' inquietante.
TAPPA N° 22 - Corinaldo, km. 126,2 **½
E' tornato il sole, e l'aria è fresca. Una bella strada panoramica
mi porta a Castelfidardo (dove fanno le fisarmoniche), Loreto (1,
2, 3,
4) e Recanati.
Da qui scendo a Porto Recanati e superando il Conero (1,
2) seguo la costa
fino ad Ancona. Dopo una breve sosta nel capoluogo, proseguo fino a
Senigallia, donde ritorno sulle colline raggiungendo Corinaldo (1,
2, 3,
4, 5),
cinta da mura imponenti. Quanto saliscendi, oggi, nonostante il lungo
tratto di costa: ho sfiorato i 1500 metri di dislivello.
TAPPA N° 23 - Cattolica, km. 135,9 **
E' difficile trovare un contrasto più stridente di quello fra
le due località estreme della tappa di oggi, Corinaldo è
silenziosa e discreta quanto Cattolica è affollata e rumorosa.
Sono stato costretto a scendere al mare perché sulle colline
non sono riuscito a trovare una camera. Prima di ripartire faccio ancora
un giretto per Corinaldo, e poi vado a Mondavio (1,
2, 3,
4), Orciano,
Fossombrone, Urbino,
Sassocorvaro, Macerata Feltria, per scendere infine al mare. Un ragazzo
che mi accompagna per parecchi chilometri mi assicura che il
Montefeltro offre il meglio di sé nella stagione primaverile.
TAPPA N° 24 - Cesena, km. 101,9 **
Nella mattinata due belle salite mi conducono ai borghi di Saludecio
e Montefiore
Conca. Poi discesa verso Riccione, e da qui Rimini, Sant'Arcangelo
e Cesena. Cesena (1,
2) non è
molto dissimile dai numerosi borghi rurali che punteggiano la via Emilia,
ma ha una bella piazza con una rocca imponente e un albergo che mi accoglie
per la notte. La copertura posteriore è liscia in misura preoccupante,
durerà fino alla fine?
TAPPA N° 25 - Piove di Sacco, km. 160,8 *½
Non una grande giornata. Il ristorante cinese di ieri sera ha lasciato
il segno, sotto forma di persistenti problemi gastrici e intestinali.
Del resto nelle città di medie dimensioni, nei mesi estivi spesso
gli unici ristoranti aperti sono quelli cinesi. Poi ho dovuto seminare
un cagnaccio che è schizzato fuori dal cortile di una villa ed
è arrivato a pochi centimetri dal mio polpaccio destro: quasi
certamente un'azione puramente dimostrativa, ma non mi andava di verificarlo
sacrificando un polpaccio. Il vento, contrario per tutta la giornata,
nel pomeriggio era molto forte. L'unica attrazione della giornata, Chioggia,
mi delude un po', forse perché sono di cattivo umore io, oppure
perché la mia impressione che la cittadina sia un po' sporca
e trasandata può avere qualche fondamento. E fra le 16 e le 17
ho dovuto star fermo per lasciar sfogare un temporale. Piove di Sacco
è la sede dell'Olympia. Domani porto la mia bici a vedere la
sua mamma (foto
ricordo).
TAPPA N° 26 - Conegliano, km. 159,6 ****
Una giornata completamente dedicata alle ville venete della Riviera
del Brenta e zona limitrofa (1,
2, 3,
4,
5,
6,
7,
8,
9,
10,
11, 12,
13). La cosa stupefacente
è che quantunque si assomiglino tutte, dal momento che si rifanno
invariabilmente a stilemi ben riconoscibili, caratteristici di questa
regione, ciascuna di esse ha una propria precisa personalità,
e non le si può confondere.
TAPPA N° 27 - Thiene, km. 133,2 ***
A dispetto delle previsioni di maltempo, oggi il clima era assolutamente
ideale. Per passare dalla valle del Soligo a quella del Piave, c'è
da superare il Passo
di San Boldo. All'imbocco della strada non si ha la minima idea
di dove si passerà. La salita si avviterà temerariamente
piegandosi più volte in strette gallerie a gomito. Gli ingegneri
che hanno studiato questo percorso sono dei veri artisti. Dopo aver
oltrepassato Mel, accompagno per un po' il corso del Piave e mi ritrovo,
a Possagno, ai piedi del luminoso Tempio del Canova (1,
2). Passando
per Bassano e Marostica, una bella strada mi porta a Thiene, dove trovo
una sistemazione un po' prosaica presso un motel vicino al casello dell'autostrada.
(Mussolente 1,
2)
TAPPA N° 28 - Vicenza, km. 100,2 ***
Mattinata di ciclismo intenso su un tragitto modificato a causa della
densa foschia, che mi ha sconsigliato il previsto giro sui Colli Berici.
Ho visto e apprezzato la villa di Montecchio (1,
2) e la famosa
Rotonda (1, 2,
3), nonché
i castelli di Romeo e Giulietta, sempre a Montecchio (ma la visibilità
era talmente scarsa che, benché prossimi, dall'uno non si riusciva
a scorgere l'altro). Giunto nel primo pomeriggio a casa Chemello, a
Vicenza, vengo accompagnato da Pio in una bellissima passeggiata per
la città (1,
2, 3,
4). Ed è
per me una grande fortuna avere un amico come Pio, perché pochi
conoscono Vicenza e la sua storia meglio di lui.
TAPPA N° 29 - Villafranca di Verona, km.
105,2 **
Prima di lasciare Vicenza (1,
2), faccio ancora
due passi in centro e scatto qualche altra foto. Con tutti gli itinerari
alternativi in Lessinia che avevo in mente, finisco per non seguirne
neanche uno. Dopo aver percorso un breve tratto della statale 11 (Villanova
di San Bonifacio), imbocco la valle di Illasi,
e arrivato a Tregnago decido che fa davvero troppo caldo per proseguire.
Aggiro il centro di Verona e raggiungo Villafranca quando sono passate
da poco le 4. Nel castello di Villafranca, poco prima dell'ora di cena,
c'è un cantante che sta provando l'acustica. Non lo riconosco,
e m'incammino lentamente verso l'uscita opposta del cortile, dove scorgo,
sulla locandina, il nome del mio concittadino Nanni Svampa, sicché
torno sui miei passi. Lui si lamenta della sonorità della sua
voce, e io gli dico che in effetti non l'avevo riconosciuto perché
il suo timbro risulta falsato. Poco dopo, dal palco, mi chiede se adesso
riconosco il timbro (hanno nel frattempo spostato gli altoparlanti);
gli faccio cenno di sì. Allora dice: "Beh, per riconoscere
i timbri bisogna aver lavorato alle Poste". Che cartolina, come
diciamo a Milano (foto
ricordo).
TAPPA N° 30 - Trento, km. 131,2 **
Ancora clima ostile, umido, con dense foschie ovunque. Benché
mi tocchi battere sentieri già noti, posso osservare in questa
occasione alcune cose che mi erano precedentemente sfuggite, come Castelpietra,
o Castel
Beseno, che l'anno scorso mi si era presentato contro sole. La sera,
a Trento, passeggiando
per il centro, mi viene quasi il magone. Perché è vero
che sono rimasto in quasi completa solitudine per un mese, e che ho
fatto spesso tanta fatica. Ma queste sono grandi esperienze, che ti
fortificano e ti arricchiscono, perché oltre a farti conoscere
posti nuovi, ti aiutano soprattutto a conoscere meglio te stesso. Mi
riaffiorano alla memoria immagini legate a momenti diversi del viaggio,
e mi riprometto di non privarmi di tali gioie per molti anni a venire
(anche se in realtà ogni anno, il primo giorno, immancabilmente
mi dico che è l'ultima volta, e, misteriosamente immemore, rinnovo,
ad ogni nuova partenza, una promessa destinata a non essere mantenuta).
(Lazise)
TAPPA N° 31 - Madonna di Campiglio, km.
74,1 **
Ho percorso in tutto 3480 chilometri (media di 112,26 al giorno), e
ho superato approssimativamente 27000 metri di dislivello (poco meno
di 900 al giorno).
EPILOGO
La mia
bicicletta rimane vittima di un incidente assurdo nel viaggio di
ritorno a Milano, in automobile. Si rompe il portabici sistemato sul
tetto della macchina, e la mia povera Olympia vola in mezzo alla carreggiata,
in piena autostrada, provocando un enorme scompiglio fra coloro che
ci stavano seguendo (ma fortunatamente senza conseguenze per nessuno).
Mio padre, che era alla guida, si becca una multa salatissima, anche
perché, come scopriamo nell'occasione, il codice della strada
proibisce il trasporto di oggetti che modifichino la sagoma della vettura
senza il relativo permesso. Quando il poliziotto ce lo comunica, indicando
le auto che stanno transitando, quasi tutte con biciclette o altri ingombri
voluminosi, gli chiediamo: "E allora tutta questa gente? Hanno
tutti il permesso?" Risposta, con toni sgarbati: "Mica possiamo
fermarli tutti per controllare".
Intanto la mia bicicletta è ridotta a un rottame: ne recupero
solo il computerino e la ruota anteriore, che era custodita all'interno
dell'abitacolo. Anche il sellino. Per il resto... occorrerà comprare
un'altra bicicletta.