COSA MI E' PIACIUTO:
è il primo lungometraggio dei Dardenne che abbia destato l'attenzione
del pubblico internazionale, perché anche se è ambientato,
insolitamente per il cinema, in Belgio, racconta una storia che ha valore
universale. Lo stile peculiare dei fratelli belgi è già
ben delineato, e verrà poi definitivamente asciugato nei film
successivi, mentre qui c'è ancora qualche concessione alla bella
immagine e all'effetto, quantunque sempre al servizio del racconto.
La conversione di Igor sembra suggerire che per quanto severamente influenti
possano essere le condizioni in cui un individuo si trova a vivere ed
operare, non esiste un destino ineluttabile, però sterzare costa
caro. Quanto caro, ce lo dimostra con crudele veemenza la scena del
padre incatenato nell'officina. A conferma ulteriore che nel cinema
dei fratelli Dardenne il giudizio è lasciato agli spettatori,
anche perché le catalogazioni e le generalizzazioni sono accuratamente
evitate ad ogni passo, nell'ultima sequenza la macchina da presa si
ferma, e i personaggi si perdono tra la gente, benché i possibili
sviluppi delle loro vicende siano infiniti, e a noi, sullo scorrere
dei titoli di coda, restano i rumori della stazione ferroviaria. Gourmet
è un grande attore. Sarà premiato a Cannes qualche anno
dopo per la sua interpretazione ne Il figlio.
Compare in tutti i film dei fratelli Dardenne, quasi come un'estensione
del loro pensiero.
COSA NON MI HA CONVINTO: qualche indizio d'immaturità nella recitazione
del giovane Jérémie Renier e di Assita Ouedraogo, ma nel
complesso sono bravi. Soprattutto il ragazzino, che lavorerà
ancora per i Dardenne, 9 anni più tardi, ne L'enfant (Palma
d'Oro 2005).
Ho visto La promesse in francese con
i sottotitoli in italiano.
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