Comacchio, che già conoscevo per esservi stato più volte, ha sorpreso il mio compagno di viaggio, che come tutti coloro che la conoscono solo di fama la associava sostanzialmente alle anguille. Peraltro qui tutto è ispirato all'anguilla: pasta con le anguille, grigliata di anguille, gelato all'anguilla, cappottini di anguilla... Nei canali ci sono anche delle anatre, ma sono finte.
Uscire da Comacchio non è cosa comoda, né più né meno come l'amore con Veronica nella canzone di Jannacci, perché il ponte che la collega con l'Argine Agosta ai margini del centro storico non c'è più da anni, e quindi non resta che tornare indietro di quasi tre km per la strada da cui siamo giunti per andare a prendere l'altro ponte (che come ci dicono è a sua volta un po' malcerto sulle gambe).
L'Argine Agosta con traiettoria rettilinea attraversa il più classico scenario delle Valli di Comacchio e ci porta ad Anita, Alfonsine, e infine a Ravenna.
I nostri complimenti ai responsabili della viabilità, che ci fanno piombare in piena superstrada senza alcun preavviso (per fortuna c'è un'uscita dopo poche centinaia di metri), così come era successo quattro anni fa nell'uscire dalla città dalla parte di S. Apollinare in Classe.
Per verificare il nostro apprezzamento del patrimonio artistico ravennate rimando al Ciclogiro del 2004.