Dal cinquantesimo chilometro fino a dieci chilometri dall'arrivo piove senza interruzione, con punte da diluvio definitivo. In questi posti quando fa così viene da pensare che il sole non si vedrà mai più. E' soprattutto per questo motivo che l'intera zona è ben poco abitata e ha un'apparenza così inospitale. Perfino l'edilizia dei pochi centri urbani che si attraversano è alquanto dimessa, come se non valesse la pena di impegnarsi troppo ad abbellire i luoghi.
La seconda parte del tracciato è molto meno piatta della prima, e infatti a Verdun i metri di dislivello accumulati a dosi piccole ma frequenti sono più di 700. Per una gita in pianura non son pochi.
A Verdun mi fermo in periferia, e occupo la camera d'albergo più strana che mi sia mai capitata in tanti anni di viaggi in Europa. Mi sarebbe piaciuto vedere anche le altre.
Per trovare un ristorante devo percorrere quasi 3 km a piedi fino al centro città, e altrettanti al ritorno. Pranzo nello stesso ristorante italiano dov'ero stato nel 2003. Il nome è italiano, i menu sono italiani, ma il piatto di pasta che mangio comunque volentieri di italiano, purtroppo, non ha nulla.
Torno in albergo appena in tempo per schivare la ripresa delle ostilità pluviali. All'albergatore di 6 anni fa avevo chiesto se a Verdun il tempo fosse sempre così, e lui mi aveva risposto di no, ma con la stessa espressione del bambino con la bocca sporca a cui si chiede se è stato lui a sottrarre la cioccolata dalla credenza. Mi sarebbe piaciuto tornare stasera dallo stesso albergatore, per domandargli perché dopo 6 anni avesse ancora la bocca sporca di cioccolata.