Arrivo alla strada principale per Basilea che è ancora più vallonata della precedente. A causa della catena per legare la bici, che io ho stretto attorno al piantone del manubrio, mi si è anche allentato lo sterzo, e da qui al mio arrivo a Milano, pur spostando la catena sul cannotto del sellino, dovrò continuare ogni tot a stringere con le dita ghiera e controghiera dello sterzo per le quali ci vorrebbe un meccanico ciclista attrezzato.
Attraverso una caotica Basilea senza neanche guardarmi attorno, perché è molto tardi, e scelgo dal mazzo di piste ciclabili che partono dalla stazione ferroviaria, tutte mirabilmente segnalate, quella che conduce a Delémont, prescelta come luogo di tappa.
Il servizio reso dalla Svizzera ai ciclisti è spettacolare: ci sono indicazioni dappertutto (piccoli cartelli magenta). In compenso, i francesi sono per loro abitudine e per senso civico innato molto più rispettosi verso i ciclisti: sono più prudenti e più pazienti. Gli italiani invece si comportano più o meno come gli svizzeri, ma le indicazioni per i ciclisti sono più carenti anche di quelle francesi.
Arrivo a Delémont poco prima delle 21 e mi fermo in un hotel ristorante gestito da cinesi. Il ristorante è piuttosto raffinato e i prezzi si adeguano allo standard, ma d'altro canto ho fatto troppi chilometri per accontentarmi del pezzo di baguette che ho avanzato stamane, ed è troppo tardi per spingermi a piedi fino al centro della cittadina alla ricerca di un'alternativa convincente e più economica.